Democrazia e partecipazione


zitti

La crisi della politica è fondamentalmente una crisi di rappresentanza. Un solco sempre più profondo separa gli elettori dagli eletti. Il ceto politico viene ormai rappresentato come una casta di privilegiati, aumenta l’astensionismo e le elezioni vengono viste dalla maggioranza degli elettori come un rito svuotato di senso.

Cerchiamo di capire se si tratta di considerazioni fondate o se sono soltanto gli umori di un elettorato pigro.

Qual’ è lo stato della democrazia nel nostro Paese?

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Abbiamo un Presidente del Consiglio che non è stato votato da nessuno. Un esercito di  deputati e senatori non eletti, ma nominati direttamente dai partiti, che a loro volta o sono in mano ad un padre padrone o sono gestiti da una ristretta cerchia di compari. Le linee fondamentali della politica economica non sono scelte dal nostro parlamento ma sono imposte da organismi esterni Banca Centrale Europea , Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale che a loro volta non sono  eletti democraticamente (l’unico organo democratico, il parlamento europeo, ha un ruolo puramente decorativo) e se qualcuno prova a dare delle soluzioni alternative, il ritornello che ripetono in coro i pappagalli nostrani è: ce lo chiede l’Europa.

C’è da chiedersi: ma in democrazia la sovranità risiede nel popolo o in una banca centrale?

Abbiamo un Presidente della Repubblica che invece di essere il garante delle regole democratiche, si schiera apertamente e ci tiene a far sapere che, è vero,  andremo a votare, ma tanto non cambierà niente e, chiunque vinca, noi proseguiremo sulla strada tracciata dall’attuale Governo .

Allora:  che votiamo a fare?

Se a qualcuno viene in mente di indire un referendum affinché sia il popolo a decidere direttamente del suo futuro, la prima reazione del sistema politico è quella di boicottare la consultazione sperando che il quorum non venga raggiunto. E anche nei casi in cui il quorum viene raggiunto e l’esito risulta sgradito ai partiti, questi fanno finta di niente; ma si, chissenefrega, tanto noi siamo noi e voi non siete un cazzo. Il finanziamento pubblico dei partiti, per esempio, esce dalla porta e rientra dalla finestra col nome di rimborso elettorale. O il recente referendum contro la privatizzazione dell’acqua che è stato disatteso anche dalla regione Puglia, infatti è ripartita la mobilitazione dei comitati referendari.

E quando avviene, come a Cutrofiano, che un gruppo di cittadini raccoglie un certo numero di firme per stimolare l’attenzione dell’amministrazione comunale su un problema non secondario, perché riguarda l’incolumità pubblica, un assessore durante il consiglio Comunale, facendo sfoggio di spocchia e arroganza, definisce questi cittadini senza scrupoli e senza competenza.

Più che un sistema democratico sembra un sistema di oligarchie politiche guidate da interessi economici.

E’ evidente quindi che ci troviamo di fronte ad una crisi della democrazia e che sia necessario recuperare un deficit democratico.

Qual è l’elemento caratterizzante della democrazia? Non può essere il consenso, perché anche le dittature possono avere il consenso del popolo; non sono le elezioni o il potere della legge o l’esistenza dei partiti o il metodo della maggioranza, il cardine della democrazia risiede nella sovranità popolare e la sovranità non può essere delegata. I governanti quindi devono  essere gli agenti esecutivi della volontà popolare.

La democrazia può essere intesa in due modi: come democrazia rappresentativa o come democrazia diretta. Nella democrazia rappresentativa il popolo non è veramente sovrano, firma una delega in bianco e non decide sulle scelte ma  delega  le decisioni agli eletti, che le attuano liberamente e senza alcun vincolo. Nella democrazia diretta invece, il popolo effettua direttamente, senza intermediazioni, le scelte politiche.

Risulta evidente che nelle società moderne non ci si può sottrarre del tutto alla rappresentanza. Ma è altrettanto evidente la necessità di attivare dei processi di democratizzazione che riportino la sovranità al popolo, perché la democrazia non si esaurisce col voto. La partecipazione dei cittadini alla vita politica e l’attivazione di forme di controllo sull’attività dei politici, diventano elementi essenziali affinché si parli di democrazia.

Quando noi attualmente parliamo di Democrazia, stiamo parlando in realtà della democrazia rappresentativa. Il concetto di democrazia diretta è molto antico; la democrazia rappresentativa invece entra nel pensiero politico filosofico nel 1600-1700  con pensatori come Stuart Mill, Lokce,  Hobbes, Montesquie. L’idea di democrazia rappresentativa prevalse sulla democrazia diretta e divenne il meccanismo che permise alla ideologia liberale di imporsi. Ma liberalismo e democrazia non sono sinonimi e mentre il liberalismo si basa sull’individuo, la democrazia si basa sulla comunità. Nella società liberale individui sganciati da ogni legame comunitario e solidaristico scelgono i loro rappresentati e, arrivederci e grazie, ci rivediamo tra cinque anni; nella democrazia diretta e partecipativa invece, la comunità crea un corpo sociale unico ed effettua le scelte senza delegare ad una classe di notabili.

Gli oppositori della democrazia diretta fanno due obiezioni.

La prima è quella delle competenze: il popolo non ha le competenze per scegliere. Ma neanche i politici di professione sono degli esperti in senso tecnico, ma è normale che sia così perché la politica compie le scelte e poi i tecnici realizzano i progetti. Altrimenti i governi tecnici sarebbero sempre migliori dei governi politici.

La seconda obiezione è la difficoltà di applicazione della democrazia diretta nella società moderna che è una società fatta di grandi numeri. Questa è un obiezione più sensata. Come detto in precedenza non è pensabile un abbandono totale delle forme di rappresentanza. ma anche la rappresentanza può essere intesa in due modi diversi o come rappresentanza–commissione il cui l’eletto rappresenta la volontà popolare o come rappresentanza-incarnazione di ispirazione più specificamente liberale, in cui l’eletto non esprime la volontà dell’elettore, ma la propria.

Per attivare forme di democrazia partecipativa si potrebbe, per esempio, fare ricorso ai referendum sia livello nazionale che comunale, anche propositivi e senza quorum; riportare quanto più è possibile le scelte a livello locale, dove sono più facili forme di democrazia diretta; coinvolgere nelle scelte le associazioni presenti sul territorio; vincolare gli eletti ad un obbligo di mandato per cui i politici non possano, per esempio, in campagna elettorale impegnarsi contro un inceneritore e poi, una volta eletti, votare a favore, pena la decadenza dall’incarico.

Gli esempi elencati non esauriscono le possibilità di intervento, ma sarebbero un buon inizio sulla strada della democrazia.  Queste ed altre forme di partecipazione farebbero certamente avvicinare il cittadino al potere e non potrebbero che fare bene alla politica che non può essere delegata a chi vuole lasciare al cittadino il ruolo di pubblico plaudente; perché democrazia è partecipazione.

Purtroppo i nostri politici vivono la democrazia come una forma di delega totale e vedono come il fumo negli occhi ogni forma di partecipazione democratica, come fosse una ingerenza indebita del cittadino in un loro ambito privato.

Sarà difficile fargli cambiare idea. Sarà più facile cambiare classe politica.

 

Emilio Montagna